Providence

Providence

 

Questa mostra si focalizza attorno alla figura emblematica di Francesca Woodman ed ha come idea pre dominante la riflessione sull’autobiografia, limite, il “varco”. Mi colpisce il lavoro di questa fotografa perche sa coniugare il discorso autobiografico con la ricerca sulla luce che crea situazioni spiazzanti ed evocative: il corpo in simbiosi mimetica con le superfici sgretolate dal tempo e abbandonate. Compaiono, nelle sue scenografie esistenziali, porte o aperture verso spazi intravisti o accennati. Il mio è un lavoro autobiografico in cui non compare il mio volto, dove il passaggio è determinato da cambiamenti veloci di luce e di spazio, ruotando attorno all’idea di porta come varco che si affaccia non solo sulla dimensione estetica dell’immagine fotografica ma sfiora anche il concetto di velocità e contemporaneità nei mutamenti di panoramica “socio/ambientale” ad esempio si può passare dalla veduta di una fabbrica, alla biblioteca, alla cucina di casa). Se nella Woodman le porte sono disegnate sulla foto o catapultate nello spazio della stanza (Senza titolo, Providence, 1976), nel mio lavoro sequenziale la porta apre lo sguardo su paesaggi inaspettati e contrastanti che costringono chi guarda a mutare velocemente punto di vista ed emozionalità. E’ in modo predominante un lavoro sulla luce che muta continuamente, come camminare virtualmente ad angolo retto su una mappa di una città americana o della metropolitana, in una topografia dello sguardo. Basta un nulla perché in un attimo rivelatore si abbia l’epifania di un impossibile equilibrio, l’intuizione di qualcosa che si arresta nel flusso continuo del mondo. colti per frammenti per “illuminazioni”, per Il mondo, il paesaggio non sono più una veduta, ma vengono differenti traiettorie visive. La porta occupa quindi una centralità nel lavoro e consente il passaggio visivamente diverso quindi un mutamento, una riflessione tra il “fuori e il dentro” e lo spazio immaginario, saltando barriere invisibili. Il mio progetto parte da queste considerazioni: è un lavoro sulla luce, sull’autobiografia come corpo/sguardo nascosto, sullo spazio (anche sociale) e sul rapporto epifanico tra visibile e invisibile, entra in spazi mutevoli di luce. Saranno proiettate in sequenza brevissime clips di porte che si affacciano su “paesaggi” contrastanti sia per collocazione che per luce. Accompagna la video installazione una sequenza di immagini fotografiche che hanno per tema simboli co l’idea di varco, attraversamento, passaggio. Luce/paesaggio/sguardo/autobiografia sono alcuni dei punti focali del mio lavoro.

Fiorella Iacono